UNA XERRADA CON JUDIT

Josep Maria Subirachs. Oltre la Sagrada Familia

 

Conosciuto a livello internazionale come lo scultore della facciata della Passione del Tempio espiatorio della Sagrada Familia, Josep Maria Subirachs è stato uno degli artisti più versatili e contestati della scena culturale di Barcellona. Oggi vogliamo parlare di Arte (con la A maiuscola) seguendo un percorso cronologico, lo stesso scelto dalla Fondazione dedicata all’artista, per esporre le sue opere.

Incontriamo la storica dell’arte Judit Subirachs-Burgaya e ripercorriamo con lei, attraverso la metamorfosi delle sculture del padre, sessant’anni di storia della città… e non solo.

Lo Spazio Subirachs sorge al centro di uno dei quartieri più dinamici e vivi di Barcellona, il Poblenou, che “un tempo veniva definito la Manchester catalana.” Oggi, molte delle fabbriche dei primi del Novecento, sorte sulla scia della rivoluzione industriale, pur mantenendo intatte facciate e ciminiere, sono state trasformate in centri culturali, studi di architettura e gallerie d’arte contemporanea. Il Poblenou cambia, ma mantiene salde le proprie radici nel passato. Un passato duro, intenso e sconvolto da crisi economiche e conflitti sociali.

Subirachs nasce in questo barrio e qui sceglierà di tornare, nonostante varie vicissitudini, con la propria produzione artistica. “Dimostra sin da piccolo grandi abilità espressive, ma vive l’adolescenza nel rigido contesto della Guerra Civile.” A quattordici anni, a causa delle ristrettezze economiche della famiglia (il padre era un umile operaio), è costretto a rinunciare agli studi per accettare un lavoro da apprendista presso il laboratorio di Enric Monjo, scultore apprezzato in Catalogna.

In realtà Subirachs osserva da vicino i lavori del maestro ma, come sottolinea Judit, viene considerato un pasta fang, una sorta di garzone di bottega. Malgrado ciò, Josep Maria apprende a riconoscere i materiali, la loro duttilità e le tecniche di Monjo e, qualche anno dopo, abbandona il suo studio per collaborare con un altro scultore, Enric Casanovas.

Il post guerra è un periodo difficile per Barcellona e anche le arti figurative risentono della durezza del regime. “Persistono solo alcune oasi di libertà, come l’Istituto di cultura francese, che promuove e sostiene giovani artisti locali, offrendo loro borse di studio e tirocini formativi a Parigi.” Subirachs sarà uno dei prescelti e, a ventisei anni, per la prima volta nella sua vita, lascerà il Poblenou per raggiungere la Ville Lumière. Lì, immerso nella fresca e moderna vivacità europea, abbandonerà il Noucentisme catalano e si lancerà in nuove ed ardite sperimentazioni.

L’incontro artistico con Giacometti, Manzù, Picasso, Moore, Zadkine ed altri scultori indipendenti a cui si ispirerà (troviamo richiami anche a Rodin, Dalí e Gaudí sulla facciata della Passione), cambierà infatti e per sempre, le prospettive di Subirachs. Da Parigi, esporrà poi ad Anversa, a Bruges e a Bruxelles. Fino a che Barcellona ne riconoscerà il valore indiscusso e gli proporrà il primo incarico pubblico nel 1957, una scultura astratta che vedrà la luce nel recinto de Mundet.

L’arte esce dalle gallerie e diventa pubblica, ma il pubblico non sempre è pronto a comprenderla. Inizia una nuova epoca. I viaggi e le contaminazioni culturali del continente hanno un impatto importante sulle opere dell’artista, che spazierà dall’astrattismo, all’espressionismo, al simbolismo, ad un barocco contenuto, al contesto metafisico, seguendo un percorso lineare-evolutivo verso l’essenza più pura della propria tecnica, basata su “idea, materia, forma, tre concetti che l’accompagneranno per tutta la vita.

Chi meglio di Judit può spiegarci la sua opera? “Per mio padre non esistevano vacanze.” E non lo dice con rimpianto. Ricorda anzi i viaggi, le visite di città e musei in giro per l’Europa. “Soprattutto Roma. Amava Roma e il Rinascimento. Era un appassionato conoscitore di Michelangelo, Leonardo, Bernini e in particolare di tutti quegli artisti che definiva polifacéticos.

L’arte di Subirachs spazia dalla pittura, alla litografia, alla scultura, alla scenografia, alla pubblicità. Non teme la novità, né la critica … che non tarda a giungere implacabile. “Per questo ha sempre agito in piena libertà.” Afferma Judit: “Anche quando ha ricevuto l’incarico per la Facciata della Sagrada Familia. L’ha accettato ad una sola condizione: autonomia nella scelta dello stile.” Ricorda quel giorno. “Anche noi inizialmente abbiamo provato a dissuaderlo, ma oggi, guardando la Passione di Cristo, comprendo la sua decisione.” Josep Maria Subirachs lavorò alla facciata per quasi vent’anni, e mentre scolpiva, dall’alto delle impalcature, sentiva la folla protestare e manifestare alle sue spalle; colleghi, amici e gente comune. Era difficile accettare che l’opera di Gaudì potesse essere portata a termine da altri. “Quel periodo è stato duro per mio padre.”

Ma l’opera di Subirachs non si esaurisce sulla facciata più controversa della storia dell’Arte. “Dedicava alla Sagrada Familia gran parte delle sue giornate. Si trasferì perfino nel tempio, accontentandosi di poco, un materasso e una scrivania. Molti mi chiedono se abbandonò la famiglia, ma noi eravamo già adulti e avevamo lasciato la nostra casa.” e aggiunge: “Il lavoro l’assorbiva completamente. Negli stessi anni produsse altro.” Judit ci mostra le ultime opere del padre. Si tratta di disegni e archisculture. “Le 10.000 opere che ci ha lasciato sono testimonianza di un cammino ben più complesso” che culmina nel periodo concettuale dell’artista: il ritorno alla materia e agli opposti, ai vuoti e ai pieni (nei corpi, attraverso la presenza/assenza di vita, l’impronta dell’uomo che passa lasciando dietro di sé una traccia, la metafora dell’anima), ai pesi bilanciati o in perenne tensione, alla natura selvaggia e alla mano umana che ne leviga e modifica le forme… in un continuo alternarsi di positivi e negativi.

Mentre visito lo Spazio Subirachs, noto chiari omaggi a grandi artisti italiani, quali Donatello, Morandi, De Chirico, Carrà e, con orgoglio, penso all’immenso ed invidiabile patrimonio che il nostro Paese ha regalato al mondo. Judit intanto ci parla delle letture del padre, del rammarico per non aver potuto intraprendere gli studi di architettura, della sua inesauribile curiosità intellettuale, alimentata da cinema, viaggi, teatro, filosofia classica e poesia. Ogni cosa, incisa nella pietra. Da Omero a Stendhal, da Thomas Mann a Federico Garcia Lorca, da J.V Foix a Joan Margarit, fino a Orson Welles. “Abbiamo vissuto tra arte e letteratura. Mia madre era un’insegnante, amava molto i libri, e per noi bambini la cultura era qualcosa di naturale. Si respirava in casa! Mio padre lavorava infaticabilmente nel suo studio… cosí, nei nostri ricordi, la sua sagoma intenta a forgiare la pietra, a intagliare il legno, a dare forma al ferro, è sempre stata presente.”

E il rapporto con la Catalogna? “Subirachs era legato alla sua terra. Nel 2015, a un anno dalla sua scomparsa, abbiamo esposto alcune opere in Cina, ricevendo diverse offerte. Ma sono tornate tutte a Barcellona. Lui le voleva qui.”

Prima di andare via, chiedo a Judit se qualcuno ha scritto una biografia su Subirachs. “La biografia di mio padre è la sua opera. Non gli piaceva parlare di sé, era un uomo riservato.” Riflettendo su alcune figure “appariscenti” dello stesso periodo, non posso che pensare: Ci sono artisti che fanno della propria vita un’opera d’arte e uomini che fanno della propria opera una ragione di vita. Subirachs certamente rientra in questa seconda categoria.

 

ESPAI SUBIRACHS:    www.subirachs.cat

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