Arte e storia tra i viali dell’eterna memoria
A dispetto del titolo, il luogo di cui a breve vi parleremo, non ha nulla di romantico. Anzi vi sconsigliamo vivamente di proprorlo come punto d’incontro per un primo appuntamento. Si tratta di un posto che in passato era molto piú frequentato, affollato durante le “feste comandate”, le domeniche dopo la messa, nei giorni di riposo. Oggi invece, forse perché la vita frenetica non ce lo consente, o magari semplicemente perché il mondo va in un’altra direzione, il tempo per la meditazione e per il silenzio ha iniziato a ridursi.
Ma oltre gli imponenti muri che recintavano ampie superfici fuori dalla città, e che attualmente sono diventati parte di essa, c’é davvero tutto un universo da scoprire! Allora, se non siete scaramantici e se avete voglia di abbandonare per un po’ i classici percorsi cittadini, armatevi di buon senso e curiosità, e seguiteci! Credo sia chiaro che stiamo per entrare in un cimitero.
I cimiteri mi hanno sempre affascinata. Non ho mai avuto gusti dark e non sono mai stata attratta dalle pellicole horror, né dalle notti di Halloween, né dai riti in onore dei defunti, però penso che ogni cimitero rappresenti un piccolo specchio delle città e che visitarlo possa arricchire sia occhi, che anima. Parigi, Salisburgo, Milano, Genova, Buenos Aires, Koya-San, Ueno, Hammamet, tutte nascondono scrigni segreti (alcuni meno segreti di altri, vista la presenza di ospiti illustri). Avete mai provato a visitare qualche piccolo cimitero sulle Alpi o su un’isola?…
I cimiteri, anche se alcuni viaggiatori preferiscono ignorarli, possono essere dei veri e propri musei a cielo aperto, e spesso sono necessari per comprendere la cultura di un popolo, la sua storia e i cambiamenti della nostra società. Pensiamo alle tombe etrusche o alle piramidi d’Egitto.
Quello che visiteremo oggi non é molto antico, ma ci fornirà una serie di informazioni utili sulla storia moderna di Barcellona. Varchiamo dunque la soglia che dal mondo dei vivi ci conduce a quello dei morti e proviamo ad ascoltare come Ivo Salvini, personaggio di felliniana memoria, cosa avranno da dirci le voci degli inferi e della notte. In ogni caso, chi ci guarda da quelle lapidi non é detto che sia piú discreto di noi… e perché no? magari vuole raccontarci qualcosa. Ecco, si materializza il nostro interprete!
Ginés non é un custode, ma trascorre una parte consistente del proprio tempo in questo luogo. Possiamo dire che si prende cura dei defunti e delle loro case. Ginés osserva i flussi d’ingresso; per una piccola mancia, lucida le lapidi fino a renderle brillanti; registra i cambiamenti da vicino e da lontano; conosce storie di dame e cavalieri, di donne e uomini rispettabili o di malaffare, di politici e cabarettisti, di calciatori del Madrid e del Barça, di Franchisti e Repubblicani. E le racconta senza giudicare, come se quei personaggi fossero tutti uguali, tutti uniti da un comune e ineluttabile destino, che noi italiani amiamo chiamare “la Livella”.
Lasciamoci allora condurre da Ginés tra le mille e una storia di chi ci ha preceduti, ammiriamo la bellezza delle opere dei piú grandi architetti modernisti della città, curiosiamo tra loculi e cappelle, ma non dimentichiamo che questa non é la nostra casa (almeno non ancora) perció impariamo a rispettarne tutti gli abitanti e a considerarli come nostri antenati.
Il cimitero del Poblenou ha avuto una storia burrascosa. Fu costruito nel 1775 extramuro, con criteri molto avanzati, almeno per l’epoca. Ma i barcellonesi, abituati a seppellire i propri cari nelle immediate vicinanze delle chiese, non accettarono di buon grado il nuovo campo santo. Inoltre nel 1813 le truppe napoleoniche, per ragioni logistiche, distrussero tutte le costruzioni al di fuori della città senza risparmiare il cimitero. E solo quando, dopo la guerra, Barcellona ritornò alla normalità e i nuovi traffici commerciali, oltre ad arricchirla richiesero sempre più spazi, si valutò la possibilità di riabilitare i cimiteri oltre le mura.
Fu incaricato del nuovo progetto un giovane architetto italiano, Antonio Ginesi, che si ispirò al modello mediterraneo di Pisa, con pianta rettangolare ed entrata monumentale. L’idea dell’architetto era, in principio, quella di rendere le sepolture stilisticamente “egualitarie”, ma con il tempo alcune famiglie borghesi decisero di costruirvi degli imponenti mausolei, servendosi del lavoro di importanti scultori europei. Il periodo di splendore peró durò poco. Quando nel 1883 si inaugurò il nuovo cimitero di Montjuic, quello del Poblenou cominciò a decadere. Varie furono le opere e le leggi che ne cambiarono negli anni la forma e numerosi i settori che andarono distrutti per lasciare il posto a nuove strutture e sepolture.
Non c’è dubbio che i barcellonesi ricordano questo cimitero monumentale soprattutto per la piccola lapide di un ragazzo di ventidue anni, Francesc Canal Ambrós detto il Santet, che lavorava presso i magazzini di El Siglo. Si dice che avesse predetto un grande incendio, perdendo egli stesso la vita tra le fiamme il 27 luglio del 1899, per poi apparire ai suoi compagni qualche giorno dopo. Ancora oggi, per Tutti i Santi, molti cittadini visitano la tomba del ragazzo per chiedergli la grazia.
Ginés continua a camminare tra le lapidi, lucidando con un fazzoletto bianco vetrine e serrature. Possiede le chiavi dei mausolei e ce li vuole mostrare. In punta di piedi entriamo in uno di essi ed osserviamo due eleganti statue in marmo ancora perfettamente conservate. Un uomo e una donna addormentati accanto ai propri fedeli animali domestici, con i tratti abbelliti dalle luci colorate delle vetrate dipinte. Ricordano sarcofagi rinascimentali di sovrani e principesse…
Vaghiamo per qualche ora tra viali e corridoi, soffermandoci brevemente su statue di cantanti gitani, famosi per rumba catalana e flamenco, e su fotografie sbiadite di intere famiglie del XX secolo, ma quando scorgiamo la scultura del “Bacio della morte” non riusciamo a proseguire. Si tratta di un’opera del 1930 che rappresenta uno scheletro alato, piegato nell’atto di baciare un giovane uomo. Ciò che ci colpisce è l’espressione del volto del ragazzo. Pare infatti abbandonarsi con rassegnazione (o chissà, con piacere) all’abbraccio eterno.
Una nube copre il sole per qualche istante e, trasportata dal vento, sembra animare con la sua ombra la fredda scultura. Un ultimo scatto.
Ginés ci ricorda che è giunta l’ora di andare.