SITGES BY THE SEA

Il mondo è un’impressione cromatica

Esiste una cittadina in riva al mare dove il cielo è sempre blu e il microclima ideale per una vacanza permanente. C’è una casa sulla scogliera, con una finestrella da cui centinaia di occhi nel corso dei secoli hanno avvistato navi romane, vascelli inglesi, imbarcazioni di pirati, fino agli attuali yacht che battono bandiere di lontane isole del Pacifico. E’ una casa, ma erano tre o forse quattro o magari, duemila anni fa, molte di più.

Da quella casa, attraverso un ponticello in pietra bianca, si entra in un palazzo, e superando uno stretto corridoio, si raggiunge un ampio patio azzurro. Al centro del patio, c’è una fontana e nella vasca dei grandi pesci rossi. La fontana è circondata da colonne sottili, foderate di piante ornamentali, e da panchine in maiolica su cui riposano, distesi come su triclini, uomini barbuti che discorrono animatamente, sorseggiando assenzio. Indossano cilindri lisi su strani frak bianchi e fumano pipe e lunghi sigari, meditando a voce alta sul vero senso della vita. Alcuni suonano antichi strumenti a fiato, altri abbozzano volti caricaturali e paesaggi marini su album ingialliti…. “La luce è perfetta!” esclama uno di essi, mentre tutti gli altri approvano con il capo. Poi, volgendosi insieme verso il mare, aprono i loro blocchetti da disegno e, con il carboncino tra le dita, osservano silenziosi il miracolo del tramonto che si rinnova oltre il campanile.

“Un momento!” La guida turistica che ci accompagna al Maricel, il palazzo con la fontana, mette un freno alla nostra immaginazione. “Qui siamo già nel Neucentismo! Abbiamo attraversato il periodo luminista, poi il modernista e adesso entriamo nel neoclassico.” La guardiamo un po’ confusi e le chiediamo di tornare indietro di qualche anno – magari agli hipsters con il cagnolino Love, quelli che collezionavano serrature in ferro battuto e quadri di El Greco! – proviamo a spiegare. “Allora dobbiamo andare al Cau Ferrat,” ci risponde “Seguitemi!”

Scendiamo verso Carrer de Fonollar, ma usciamo questa volta dal portone principale. Notiamo che la piazzetta antistante il Maricel (l’edificio Mare e cielo) è un po’, come dire, eclettica. “Il collezionismo in quel periodo è andato oltre…” ammette la guida, sollevando perplessa lo sguardo “questa porta apparteneva ad una chiesa gotica di Salamanca e lì, proprio nell’angolo, c’è un sepolcro paleocristiano. Ma anche questa è un’altra storia.”

Attraversiamo la strada ed entriamo nel Cau Ferrat, bianco fuori, blu cobalto dentro. “Ecco la casa degli hipsters!” La guida ci invita ad osservare con attenzione le pareti ricoperte di quadri, maniglie di ferro e piastrelle dipinte a mano. “Bene, riportiamo l’orologio indietro di un quarto di secolo. Siamo alla fine del XIX. Nessun conflitto ancora all’orizzonte e qui possiamo respirare quell’atmosfera un po’ parigina e goliardica degli artisti di Montmartre.” Ci sediamo accanto al camino e ci apprestiamo ad ascoltare la vicenda dei bohemios catalani, un gruppo emblematico di artisti che per qualche decennio ha deciso di abbandonare la noiosa quotidianità famigliare per condividere spazi, pensieri e piaceri della vita.

“Dedicare l’esistenza all’arte.” Era questa l’idea dei due inseparabili amici Rusiñol e Casas, pittori appartenenti alla ricca borghesia catalana, con la passione per il viaggio, il teatro, la pittura e la letteratura. Giornalisti, oltre che artisti, e headhunters, se proprio a loro può essere attribuita la scoperta del talento del giovanissimo Picasso, all’epoca Pablo Ruiz Picasso, così come firmava le opere che possiamo osservare nello studio del Cau Ferrat.

Ma facciamo ancora un passo indietro. Siamo negli anni ’80 del XIX secolo. Rusiñol, primogenito di una dinastia di industriali del tessile, eredita alla morte del nonno, l’azienda di Manlleu, ma rinuncia alla gestione della fabbrica in favore del fratello Albert. Allo stesso tempo decide di partire, abbandonando moglie e figlia, per dedicarsi come un eremita, esclusivamente all’Arte. Scrive novelle, opere teatrali, quaderni di viaggio, ma soprattutto si concede anima e corpo all’ozio e alla pittura, sue vere e grandi passioni.

Supportato da un gruppo di amici catalani e baschi, decide quindi di esplorare la Spagna e l’Italia, per poi trascorrere qualche anno a Parigi, dove conosce in profondità e s’innamora dello stile di vita e dei fermenti artistici della Ville Lumiére. Tornato in Catalogna, sceglie di vivere a Sitges, un paesino di pescatori e agricoltori poco distante da Barcellona. Un luogo assolato, sul mare, ideale per riposare e dipingere. Acquista allora alcune vecchie baracche e, con l’aiuto di Utrillo (mercante d’arte) e di Rogent (architetto), fa edificare il Cau Ferrat, la sua residenza-museo.

Qui, con l’amico Casas, invita gli intellettuali del luogo e prova a ricreare, sul mare, l’ambiente dei colti circoli parigini. Intanto colleziona oggetti antichi in ferro battuto e quadri pregiatissimi. Chi varca la soglia del Cau Ferrat deve restare senza parole e chi si affaccia dalle finestre del primo piano, senza fiato.

Sitges diventa così negli anni ’90 del XIX sec, il vero centro della produzione artistica e letteraria catalana. Rusiñol, Duran, Almirall, Mas i Fondevila, Joaquim de Mirò, Miquel Utrillo (i Pintamonas) organizzano manifestazioni, festival, certamen floreali, bizzarre processioni e improvvisano spettacoli teatrali, (“scimmiottano” secondo alcuni, i bohémiens francesi), attirando curiosi e investitori stranieri. Si definiscono “attivisti culturali”. Gli storici luoghi d’incontro di Sitges (il Prado e il Retiro) tornano ad animarsi, mentre ne nascono di nuovi, come la Cervezeria Cau Ferrat, un locale pensato proprio per le riunioni del gruppo, davvero “trendy e radical chic” per l’epoca (qui era esposto proprio il quadro dei Pintamonas, un autoironico ritratto dei sei artisti, rappresentati più come imbianchini, che come veri e propri pittori).

Sitges inizia a trasformarsi e a crescere. I figli dei commercianti e degli agricoltori locali, partiti per le Americhe a metà ‘800 a causa della fillossera, ritornano in patria all’inizio del XX secolo con i forzieri colmi d’oro e, per testimoniare al mondo il proprio successo, costruiscono grandi ville in riva al mare, arricchite da ampi portici e torri principesche, cambiando per sempre l’immagine lineare della costa. Del piccolo borgo di pescatori e dei vigneti sulle colline resta così ben poco. Sarà il turismo l’attività trainante per Sitges negli anni a venire.

Ma i bohemios? Dove sono finiti? Restano in Catalogna le opere di questa allegra compagnia di eccentrici pittori, testimonianza luminosa di un periodo di trasformazione. Chi, come Picasso infatti, sperimenterà nuove forme d’espressione e si aprirà con coraggio al futuro, prenderà il volo, ottenendo il meritato riconoscimento internazionale … Mentre i Pintamonas continueranno ad essere visti come “un fenomeno interno” (alla Spagna), patrimonio non solo artistico, ma storico e socio-culturale del territorio.

 

 

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