Pirenei in motocicletta

Quaderni di viaggio – 2. Tra Catalogna e Francia, alla ricerca del tempo dei Catari

Questa settimana, approfittando del sole di giugno e del vento fresco dei Pirenei, ci mettiamo in viaggio su due ruote. Destinazione: Occitania. Percorreremo circa 1000 km, tra boschi e tornanti, per raccontarvi di quel cuore pulsante catalano che ancora batte oltre la frontiera della Spagna. Siamo nella Francia sud-orientale dove, tra alte pareti rocciose, sanguinose guerre ma anche grandi intese, hanno cambiato per sempre due terre di confine.

Dall’età del ferro al medioevo, riscopriremo le radici di questi luoghi e delle popolazioni che li hanno abitati e difesi con ogni mezzo, fino a morire per riconquistarli. Proveremo ad immaginare la vita quotidiana di comunità di guerrieri e di eretici. Ci immergeremo in un passato cronologicamente remoto ma che, forse per le letture o per i racconti che hanno accompagnato la nostra infanzia, ci apparirà davvero molto familiare.

Siamo pronti. Partiamo presto per approfittare della giornata e godere di un’affascinante e  tenue alba su Barcellona. Anche questa volta abbiamo un’unica meta, un piccolo B&B prenotato da qualche giorno. Ci lasceremo guidare solo dal vento e dalle voci dei boschi.

Direzione nord! … e già vediamo in lontananza i Pirenei.

Percorriamo i primi 200 km senza fermarci, anche se ogni volta che passiamo da questa autostrada, avremmo voglia di fare una sosta presso una delle tante colonie tessili che caratterizzano il panorama, con le loro alte ciminiere e i piccoli villaggi industriali. Anche qui Gaudì ha lasciato la sua indelebile impronta. Ma abbiamo deciso di dare un tema diverso a questo viaggio e proseguiremo fino a raggiungere la nostra prima meta.

Facciamo una breve sosta a Bagà, una piccola città del IX secolo che conserva ancora parte delle mura, un modesto ma importante centro storico e un ponte medievale. E’ da qui che parte la “ruta dei catari”. Situato nella valle del fiume Llobregat, questo luogo tranquillo, poco frequentato dai turisti, ha conservato intatte le proprie tradizioni. Ci fermiamo a prendere un caffé e la cameriera ci consiglia di ritornare per il mercato oppure a dicembre, la notte del 24, per la Fia-Faia, liturgia del culto del fuoco, una celebrazione dichiarata patrimonio immateriale dall’Unesco. Appuntiamo la data in agenda e ripartiamo.

Nuvole minacciose appaiono all’orizzonte, ma é noto che queste montagne sono attraversate da fenomeni atmosferici singolari. Forse anche per questo, hanno mantenuto nei secoli intatto il loro fascino e la loro magia. In Catalogna viaggiamo tra colline su cui si arroccano piccoli borghi medievali. Giunti al confine, invece, per lunghi tratti non vediamo più nulla, solo fitti boschi e una natura incontaminata. Incrociamo camion carichi di legna che, sulla carreggiata opposta, ordinatamente, si dirigono verso la Spagna. Queste terre sono sempre state il crocevia di commerci e scambi di materie prime tra l’Europa e la penisola iberica e anche per questo, nel corso dei secoli e fino a tempi recenti, in molti, dai romani, ai visigoti, ai galli le hanno considerate particolarmente appetibili. Non é raro infatti scorgere dietro qualche altura, un fortino o una postazione difensiva.

Giungiamo ad Ax-les-Thermes, uno dei primi centri abitati del dipartimento dell’Ariège, conosciuta per le sue acque sulfuree. Dietro ogni piazza si incontrano piccole fonti termali, con temperature che raggiungono i 77 gradi. Si racconta che qui, nel letto del fiume, Dio avesse posto dell’oro. Il prezioso metallo era sufficiente per tutta la comunità, ma il diavolo rese gli abitanti della zona avidi ed avari. Allora Dio, per liberarsi di lui, lo spinse nel sottosuolo e con un enorme masso, gli impedì di tornare sulla terra. Ecco perché dalle viscere di Ax emerge ancora acqua sulfurea. Immergiamo i piedi, fino alle caviglie, in una di queste fonti libere, frequentate in passato anche da prostitute, mendicanti e saltimbanchi che improvvisavano spettacoli con il fuoco. L’acqua é bollente! Forse torneremo davvero a dicembre, approfittando delle feste popolari, per un bagno caldo circondati dalle montagne innevate. Altre storie sono state scritte su Ax, che narrano di uomini con cappucci azzurri, di pestilenze, mostri e creature magiche. Noi vi consigliamo di scoprirle direttamente sul luogo. Prima di ripartire, ci fermiamo qualche minuto nel piccolo centro storico di cui, a causa di un incendio del XVII secolo, é rimasto ben poco.

Rimontiamo in sella e immaginiamo, percorrendo questi sentieri e i tornanti, le carovane e i cavalieri che, per attraversare le montagne, impiegavano settimane. Intanto la pioggia si fa insistente. Rellentiamo e ci ripariamo sotto una grotta. Con una torcia ne illuminiamo le pareti. Chissà, potremmo avere la fortuna di trovarvi dei graffiti di 15000 anni fa. Sí, perché qui sono stati portati alla luce i resti di vere e proprie pitture parietali risalenti all’età del bronzo. E quando visiteremo la grotta di Niaux, potremo davvero godere della bellezza e della maestria dei lavori dei nostri antenati.

Vi anticipiamo qualcosa con una breve parentesi…i Catari possono attendere.

La visita a Niaux é stata per noi un’esperienza quasi mistica. Né i libri, né le fotografie, possono descrivere la bellezza e l’eccellenza tecnica dei graffiti di queste grotte, perfettamente conservati nonostante i loro 14000 anni di età. Quando la torcia della guida che ci ha accompagnati al centro della grotta nera, li ha illuminati, non abbiamo potuto mascherare lo stupore. Bisonti e renne, dipinti con il carbone, sdraiati, appoggiati su una fessura della roccia, come protesi su una’altura naturale, con i tratti sovrapposti, ad esprimere un’intenzione o un movimento, con le zampe allineate secondo un’incredibile idea prospettica. Nessuna ricostruzione potrebbe farci rivivere quelle emozioni. Bisogna solo ritornare a Niaux e immaginare. La grotta nera, che come una cattedrale si slancia in un punto verso l’alto, e che ha accolto forse riti, danze e racconti attorno ad un fuoco (l’acustica infatti, e non a caso, é perfetta) é una sosta imprescindibile per chi attraversi, anche solo per pochi giorni, questi luoghi prodigiosi.

Meno strepitosi, ma comunque interessanti, gli altri graffiti che ricoprono le pareti di queste grotte, ancora in parte inesplorate. Dal 1600 fino alle recenti guerre, hanno infatti ospitato soldati e briganti che hanno lasciato un segno del loro passaggio e un saluto per le generazioni future. (C’é anche la firma di un Voltaire, ma gli studiosi credono non appartenga al famoso filosofo).

Il vento spazza via le nuvole e possiamo rimetterci in marcia. Percorriamo sentieri di montagna deserti. Tra i minuscoli borghi, quasi tutti medievali, ancora boschi e terre coltivate, distese di pascoli, mucche e cavalli. Dopo circa un’ora giungiamo a Fougax-et-Barrineuf, il nostro B&B Les deux petits pois. Ma prima facciamo un’altra breve sosta a Fontstorbes, la fontana intermittente che, grazie alle abbondanti piogge, ci regala al tramonto uno spettacolo indimenticabile.

Che dire? Abbiamo una fortuna innata per la scelta dei B&B… o forse solo fiuto. Ci accolgono Philomena e Paul, due artisti, motociclisti, ambientalisti inglesi che hanno deciso di lasciare la City per vivere in un luogo tranquillo e apparentemente isolato. Con la loro naturale propensione all’ospitalità, ci fanno sentire come a casa e, stranamente, ci sembra quasi di conoscerli da anni. Philomena ci vizia con i suoi petits-déjeuners franco-inglesi, la luce soffusa delle candele e la musica classica, che sembra gungere direttamente dalla bocca del camino. Paul ci accoglie con le sue fotografie, grandi ritratti della rigogliosa natura circostante e delle adorate mucche charolais, e con i suoi consigli tecnici per affrontare al meglio queste montagne a piedi o in moto. Anche loro e Les deux petits pois (al n.10 del quartiere della Poesia) saranno parte delle meraviglie del viaggio.

http://www.lesdeuxpetitspois.com/

Il secondo giorno é dedicato completamente alla ricerca delle radici del fenomeno Catari. Perché quegli uomini e donne hanno scelto l’Occitania per edificare i propri castelli e per vivere in comunità? Perché hanno deciso di rifiutare i riti e le tradizioni ecclesiastiche, mettendo a rischio, e spesso perdendo anche la vita, per seguire la propria idea di libertà religiosa? Come vivevano e fino a  dove li ha spinti la loro fede? A queste domande risponderanno forse meglio gli studiosi. Noi vi consigliamo intanto un piccolo saggio di Paul Labal – I catari: eresia a crisi sociale – che vi permetterà, prima di affrontare il viaggio, di capire cos’é accaduto poco meno di mille anni fa sulla terra che calpesterete.

Il cielo neanche oggi é terso. Preferiamo quindi dirigerci prima a Niaux e poi a Montségur. Non ritorneremo a descrivervi la grotta, ma vi consigliamo comunque di prenotare la visita. Per preservare i graffiti infatti, non vi possono entrare gruppi di più di 25 persone. Segue il link: https://sites-touristiques-ariege.oxygeno.fr/?lang=FR&article=GN01

Tornando verso Fougaux, ci fermiamo al castello di Foux, mangiamo un cassoulet nella piazza principale (che, visto il tempo inclemente, almeno ci riscalda) e facciamo due passi fino alla rocca. Scenograficamente imponente, il castello, distrutto come molti altri per ordine di Richelieu, é solo una ricostruzione abbastanza recente di un castrum del VII secolo divenuto fortezza nell’anno Mille.

Ma la vera scoperta é un altro castello, quello di Puivert. Vi giungiamo seguendo alcune timide  indicazioni stradali e, dopo una breve salita a piedi, veniamo catapultati letteralmente nel passato. Sul prato antistante la torre principale, un cavallo passeggia indisturbato, mentre un falco plana oltre le mura dopo aver avvistato la sua preda. Stiamo per entrare nella Storia dalla porta principale! Puivert é un castello cataro del 1170, residenza estiva dei visconti di Albi. Si narra che qui confluissero dalla regione i più famosi trovatori dell’epoca e, anche per questo, in una delle tante sale si conservano perfettamente intatti dei bellissimi capitelli che rappresentano dei musicisti con i loro strumenti, dal liuto, all’organo, alla viola. Il castello si é miracolosamente conservato. Qui famosi registi come Roman Polański hanno scelto di ambientare alcuni dei loro film. Durante l’anno si può assistere anche a ricostruzioni storiche e a spettacoli di giocolieri. A differenza dei catari del castello di Montségur, che visiteremo in seguito, quelli di Puivert a quanto pare riuscirono a salvarsi fuggendo attraverso un passaggio segreto, che ancora oggi non é stato individuato… misteri occitani. 

Triste invece la sorte dei 222 “perfetti”, uomini e donne, che non volendo abiurare, furono arsi vivi ai piedi della rocca di Montségur, nel Prat dels cremats. Dopo un anno d’assedio da parte delle forze crociate, nel 1244 il castello fu completamente distrutto e ciò che resta é la ricostruzione immediatamente successiva. Questa antica fortezza, meta oggi di studiosi di magia ed esoterismo, veniva chiamata Sinagoga di Satana e all’epoca era considerata la più importante roccaforte dei catari occitani. Vi consigliamo di salire fino alla cima del monte. Della fortezza resta poco, ma il panorama é indimenticabile.

Le nubi si dissolvono nuovamente e il vento ci concede una tregua. Prima di tornare al nostro B&B, ci allunghiamo per qualche chilometro fino a raggiungere un incantevole villaggio di cui abbiamo sentito parlare, Mirapoix. Passeggiamo tra le sue pittoresche strade e godiamo delle luci che illuminano al tramonto la bella chiesa di San Maurice. Ceniamo sotto i portici medievali della piazza centrale ed approfittiamo ancora per qualche ora della tranquillità e cordialità di questa regione.

Ultimo giorno. Verso Barcellona. Decidiamo di passare per Andorra, meta consigliata per gli amanti del motociclismo su strada. Attraversiamo i primi centri abitati per fermarci qualche minuto alla piccola chiesa romanica di San Juan e al museo della moto, poi proseguiamo verso la capitale, vivace e affollata, ricca di negozi e centri commerciali.

Superata Andorra, ci colpisce ancora un’altra piccola chiesa romanica con un campanile cilindrico, Santa Coloma. In realtà, oltre l’altura da cui emerge il campanile, si apre un piccolo quartiere medievale, composto da due vicoli di case in pietra. Lo esploriamo, curiosando anche attraverso le finestre aperte, con le loro bianche e leggere tende di pizzo.

Intorno a noi le montagne, ancora parzialmente innevate, sembrano abbracciarci ed invitarci a tornare presto tra queste valli.

 

 

 

 

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