Iniziamo il nostro viaggio tra le meraviglie del Modernismo catalano con un importante architetto, Domènech i Montaner, e uno dei suoi più grandi capolavori, l’istituzione di San Pau. Nato come un vero e proprio ospedale all’inizio del XIV secolo, Santa Creu i San Pau, ha conosciuto negli anni un’evoluzione in linea con i cambiamenti sociali e culturali delle epoche che ha attraversato. Ampliato agli inizi del XX secolo oltre le mura di Barcellona, oggi San Pau é parte integrante della città. A pochi passi dalla Sagrada Familia, in una zona, fino a cinquant’anni fa popolare ed industriale, si erge infatti questa elegante struttura, sormontata da tegole smaltate, scintillanti sotto i raggi del sole.
Percorriamo l’Avinguda Gaudì senza fretta. Magari fermiamoci in uno dei tanti bar ed osserviamo la vita frenetica, ma mai usurante, di questa incomparabile città. I turisti che leggono la loro guida sorseggiando una birra, la gente del quartiere che si saluta da un lato all’altro della strada, i camerieri che piroettano agilmente tra i tavoli, le commesse dei negozi di souvenir che sistemano le vetrine. Rilassiamoci e, solo quando lo saremo a sufficienza, rimettiamoci in marcia. Pochi minuti… improvvisamente si aprirà uno squarcio nell’Avinguda e apparirà, al centro di un incrocio, un edificio dalle forme e dalle dimensioni singolari.
A prima vista potrebbe sembrare una scuola, un museo, un palazzo pubblico. Difficile pensare ad un ospedale. Invece il progetto iniziale ricercava proprio questo: Struttura, funzione ed ornamento. Un’opera sociale importante per Barcellona, un complesso all’avanguardia che potesse portare la Cataluña, a livello di ricerca scientifica, ai vertici in Europa, come lo erano già Parigi e Berlino. Per questo si cercò di richiamare l’eccellenza a San Pau: i migliori architetti, decoratori, artigiani e successivamente, una volta a regime, i migliori dottori. Nulla doveva essere lasciato al caso.
Bene, siamo pronti. A destra della facciata c’é l’ingresso. Leggiamo su un pannello i punti salienti della storia di San Pau ed entriamo. Abbiamo tre possibilità, la visita guidata, acquistare un’audioguida che ci accompagni durante il percorso o la visita libera. Io consiglierei le ultime due. Vi daranno il tempo di assaporare ed immaginare in silenzio gli ambienti, le sale e i corridoi all’epoca. Con la visita guidata però avrete accesso a quattro ulteriori spazi, chiusi normalmente al pubblico. Quindi fate la vostra scelta in base alle vostre esigenze. Di sicuro ciò che vedrete non potrà lasciarvi indifferenti. Attraversate il primo atrio ed osservate la struttura delle volte e delle colonne. Riconoscerete molti dei tratti tipici del modernismo catalano. Ma é oltre la seconda porta, la vera scoperta. Non vi anticipo nulla, però sappiate che il bianco abbagliante delle piastrelle ed i lunghi corridoi dove ancora echeggiano voci, vi porteranno davvero a vivere per qualche istante agli inizi del XX secolo. San Pau é infatti ancora considerato un ospedale (nonostante la sua funzione dal 2009 sia un’altra) perché i suoi spazi, pur senza l’aiuto di pannelli illustrativi, ci raccontano già una storia. Se osserviamo le foto esposte in alcune sale, non sarà difficile immaginare la dinamicità di questa epoca.
La Sagrada Familia era ancora circondata da campi e da grandi fabbriche tessili. Nulla avrebbe fatto presagire gli sviluppi successivi. San Pau, come la Sagrada Familia, é un’opera dinamica che ha colto le esigenze di una città affamata, non solo di presente, ma anche di futuro. Durante la nostra visita, se ne avremo l’opportunità, potremo infatti ammirare ancora alcuni padiglioni spogli o in fase di restauro, privati delle decorazioni originali, ma pronti ad ospitarne di nuove, gemelle, lucenti e rifinite con cura, frutto delle moderne tecnologie applicate all’artigianato.
Il Recinto é un ambiente ampio, circondato da padiglioni posti a spina di pesce, ognuno dei quali ospitava un reparto. Al centro la sala operatoria immersa nella luce delle vetrate circolari, ai nostri piedi due chilometri di tunnel sotterranei. Ma la sensibilità di Domenech i Montaner probabilmente trova la sua massima espressione nella saletta per gli ospiti e i parenti, un ambiente caldo e confortevole, conservato alla perfezione, con arredi domestici e rassicuranti, che fanno dimenticare per un momento la funzione di questi luoghi. Solo qui infatti, se l’immaginazione ci accompagna, potremo spiare attraverso i vetri l’anziano architetto che, seduto sulla grande sedia di legno, contempla ancora (forse con una punta di meritato compiacimento) la sua opera perfetta.